My two cents. L’editoriale di Giacomo Frigerio.
Siamo nel mezzo di un caldo autunno cioè, cazzo, bello! È una seconda primavera, roba che invidiavo ai miei amici romani ma che ormai è anche nostra. Una novità.
Un nuovo clima, una nuova guerra, ma anche nuove persone, nuove sfide, un nuovo sito.
Il nuovo a volte è spaventoso. A volte è evoluzione.
E dentro l’evoluzione gli uomini sono chiamati a rischiare, a mettersi in gioco e a prendersi nuove responsabilità. A cercare, come esploratori, come il Colombo che una certa cultura vuole cancellare, il senso delle cose.
Noi siamo questi uomini e queste donne in cerca, in costante evoluzione. Mossi da un’irrequietudine che non ci fa dormire la notte e che ci fa domandare se stiamo facendo le cose giuste. Per noi, per i nostri clienti, per le persone che ci vogliono bene, noi vogliamo farci domande. E anche fare domande alle persone con cui stiamo tutti i giorni, metterci in discussione, cambiare abitudini, aprire nuove porte, fare entrare nuove persone, essere sempre alla ricerca, instancabile, di un cazzo di senso.
Noi stiamo tentando di fare questo, che poi è il lavoro di chi fa strategia, creatività, di chi è un artigiano anche se lavora con il pensiero e con i pixel. Perché senza farsi domande non si va da nessuna parte, senza un senso nelle risposte, la verità non viene a galla e viene meno la bellezza che vogliamo abbiano le cose che facciamo tutti i giorni.
Stiamo ripartendo per l’ennesima svolta che questo posto che si chiama Blossom prende.
Sono sicuro che molti stavano meglio dove erano prima, dove tutto era chiaro e sicuro, ma la strada è impervia. A quelli che viaggiano con noi chiediamo di fare il loro pezzo di cammino, di mettersi alla ricerca di un nuovo senso, di un nuovo modo di fare, di nuove cose bellissime che si celano dietro questo cambiamento che dobbiamo fare, insieme.
14 anni fa abbiamo voluto prendere una strada senza sapere dove ci avrebbe portato ma con un’idea chiara: chiunque sarà con noi dovrà essere trattato con rispetto, quello che ogni uomo e ogni donna, con la sua unicità, si meritano. E ci abbiamo provato.
Sulla strada abbiamo incontrato persone con storie diverse e ce ne siamo innamorati, a tal punto da chiedergli di camminare insieme, di costruire un’ipotesi di lavoro e di convivenza quotidiana diversa.
Io e mia sorella Valentina, che con me ha iniziato questo cammino, andavamo insieme ai concerti punk negli anni ’90 e in quel mondo abbiamo imparato il senso del DIY e della comunità. Abbiamo trattenuto il positivo di quella cultura che abbiamo fatto nostra e lo abbiamo messo in un’ipotesi per cui chi viene in Blossom si possa sentire accolto e rispettato. Abbiamo fortemente voluto creare un posto dove la gente potesse crescere e chissà, nel caso poi, andare e fare un pezzo di strada altrove.
Nel corso delle varie svolte, infatti, alcuni ci hanno lasciato per andare a esplorare nuove strade, e sono contento perché si porteranno dietro un pezzo in più che hanno potuto sviluppare qui dentro. Mi viene in mente Gianluca, un creativo di Lecce passato da New York e transitato in Blossom per tre anni, che è poi tornato nel suo Salento a creare una realtà che portasse spirito positivo e posti di lavoro in una terra dalla quale solitamente i giovani se ne vanno. Ciao Gianlu.
Ora siamo davanti all’ennesima evoluzione di Blossom. E fra le tante novità c’è anche questa che state scrollando: si chiama Snap ed è il nostro primo magazine. È un tentativo di condividere con chi ci incrocia digitalmente quello in cui crediamo, come lo facciamo e le persone che incontriamo.
La strada negli anni è cambiata tante volte ma noi ci siamo sempre stati a queste svolte, perché abbiamo imparato che le curve e le salite alla fine nascondono sorprese affascinanti, e che per stupirsi ogni volta basta solo avere gli occhi ben aperti e guardarsi intorno.
Snap inizia con interviste e articoli che, attraverso le parole di altri, raccontano di noi e della nostra cultura.
I primi articoli di Snap raccontano di questo, di quello spirito di cui parlavo prima, di quello che ci ha fatto nascere e arrivare fino a qui. Ma anche di quello che amiamo e dello stupore che proviamo ogni volta incontriamo, dentro e fuori Blossom, qualcuno che ci accende e ci sprona.
A me è appena successo.
Qualche mese fa è uscito l’ultimo disco di Paolo Nutini, artista scozzese con papà italiano. Ho letto una sua intervista in cui parla dei 7 anni di silenzio tra un disco e un altro, e a una domanda sulla felicità lui risponde così «Quella è una cosa che tutti vogliono, ma è difficile, richiede tempo, e quando mi chiedono se ho una vita felice la risposta è che non ne ho idea. Però se la domanda è “Voglio essere felice?” La risposta è sì, lo voglio. Sono felice in questo momento? Sì, lo sono. Da qui a un anno la mia vita sarà piena di musica e non potrei chiedere di più».
Noi non ci potremo mai proporre come risposta alla domanda di felicità delle persone, ma sicuramente vogliamo continuare ad essere un posto di lavoro dove le persone possano sentirsi libere di portare tutte loro stesse con le loro fatiche, i loro successi, le loro incertezze e, in qualche modo, proseguire in questa ricerca che accomuna tutti gli esseri umani, quella per la felicità.
“While the rivers are many, we dawn clear to the sea”
Everywhere, Paolo Nutini