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Video / Interview / Branding
Ott 9 - 2022
Blossom Turning Stories #1

Le strade dritte e veloci non sono sempre le migliori. Un esempio? Il percorso professionale di Irene dentro Blossom, che dal digital è passata al branding, scegliendo il cambiamento per rincorrere i suoi sogni.

Irene aveva una strada ben avviata in Blossom, perfettamente in linea con le proprie ambizioni. Ma, un giorno, qualcosa fa nascere in lei nuove aspirazioni, e le fa capire che è un’altra la posizione che deve ricoprire per realizzarsi professionalmente.

Blossom crede in questa svolta, e la supporta.

Ora, come Brand Strategist, aiuta le aziende a trovare l’essenza del loro brand e il posizionamento che fa per loro. Ed è la strada che più fa per lei.

In questo primo episodio di Turning Stories, le storie di Blossom che parlano di crescita e cambiamento, Irene ci racconta il suo percorso fra sfide, desideri e soddisfazioni.

Article / Communication
Gen 26 - 2023
Che cos’è l’omnicanalità?

Nel customer journey, il pubblico passa da un canale all’altro: tanti touchpoint che la brand experience deve saper raggiungere. Si chiama omnicanalità, e continuità e coerenza sono al centro della sua definizione.

Nel mondo della comunicazione esistono da sempre parole-meteora, ovvero termini che vivono brevissimi periodi di gloria per poi finire dimenticati come vecchi scarponi in soffitta. Pensiamo, per esempio, al fervore attorno al mobile marketing degli anni 2010 o all‘imprescindibilità di un profilo Snapchat per qualsiasi brand nel 2016.

Da qualche anno si parla molto di omnichannel approach. Un termine che sembra essere diventato sinonimo stesso di brand strategy, superando la prova del fuoco della moda per diventare un vero e proprio asset nella comunicazione di ogni brand. Se ne parla così tanto che, spesso, non ci si ferma neanche più a pensare al suo significato e, soprattutto, alle implicazioni che ha sul modo di fare comunicazione.

Con omnichannel approach si intende la gestione sinergica di tutti i touchpoint tra il brand e i clienti

Che cosa vuol dire veramente omnicanalità?

L’omnicanalità è la gestione sinergica di tutti i punti di contatto online e offline tra il brand e i clienti; punti che devono essere interconnessi tra loro.

Oggi sono tanti i canali che possono essere usati per mettersi in contatto con il consumatore: il sito web, i diversi canali social, i chatbot, le e-mail e le newsletter, ma anche gli assistenti vocali e le piattaforme di streaming, a cui si affiancano i media tradizionali e gli spazi fisici del mondo reale.

In questo panorama di multicanalità, il pubblico non è solo più esposto, ma tende a passare con semplicità da un canale all’altro. E, proprio per questo, ci si aspetta che i brand seguano questi passaggi, con una strategia omnicanale, ripresentandosi in modo sempre coerente e con messaggi aggiornati.

La vera sfida per chi fa comunicazione oggi – più che presidiare in maniera corretta molteplici canali – è dunque far sì che ognuno di questi risulti coerente con gli altri.

Il pubblico di riferimento deve infatti averne una percezione ugualmente soddisfacente. In altre parole, continuità e consistenza di brand attraverso tutti i touchpoint.

Ma qual è il segreto per costruire quella che viene definita brand consistency? Non esiste una formula magica, ma rigore e profondità di pensiero sono certamente una chiave. Pensare ai brand come a delle persone, può sicuramente aiutare in questo.

Facciamo un esempio.
Ogni giorno incontriamo un gran numero di persone, ma sono pochissime quelle che rimangono impresse nelle nostre menti: di solito ci ricordiamo solo quelle che amiamo e con cui abbiamo instaurato una relazione. Di queste persone, poi, diventiamo capaci di riconoscere la voce e i tratti principali del carattere, tanto da immaginare facilmente le loro prossime azioni.

Lo stesso vale per i brand. Sicuramente il primo passo per ogni brand è quello di distinguersi e farsi riconoscere per rilevanza, fiducia e differenza. Il viaggio poi, però, è fatto di tanti percorsi, ognuno dei quali deve parlare al mondo di quella stessa sostanza per cui il brand si era distinto in primo luogo.

Ecco perché pensiamo che brand e comunicazione, non possano prescindere uno dall’altra. Definire attraverso una strategia chi è il brand, in cosa crede e con quale veste vuole presentarsi al mondo non è un’unica azione, ma un processo continuativo, che necessita di costanza e continui accorgimenti. Solo portando in comunicazione questi elementi, il brand può davvero prendere vita. Solo in questo modo possiamo creare esperienze in cui convivono senso e bellezza, capaci di promuovere interazioni positive tra le persone e i brand.

Se è dunque vero che esistono parole-meteora e mode, è vero anche che in comunicazione esistono metodi e approcci significativi.
Omnicanalità e brand consistency, oggi, fanno parte dei secondi.

Articolo: Camilla Beretta
Illustrazioni: Jacopo Riva

Article / Interview / Strategy
Gen 26 - 2023
I dati? Non sbagliano mai. Intervista ad Alessandro Scartezzini

Una grande passione per dati e statistiche. Ma sempre con un occhio umano. Perché il dato da solo non spiega tutto nel marketing. E non crea neppure valore.

Qual è il rapporto fra strategia, creatività e marketing? Per capirne di più abbiamo incontrato Alessandro Scartezzini, fondatore e amministratore di Webperformance, agenzia media digitale specializzata in performance marketing e, da gennaio 2023, agenzia partner di Blossom.

Con una laurea in economia, un passato da criminologo, una pubblicazione sul web marketing e oltre vent’anni di esperienza nel digitale, Alessandro è oggi una voce più che autorevole nel campo del performance marketing.

D. Dove nasce la tua passione per i dati?
R. Sono sempre stato un mezzo nerd… Per me, il miglior regalo è stato il Commodor 64 quando ho compiuto 10 anni! Quindi, diciamo che anche quando facevo economia sono sempre stato interessato all’informatica. La mia tesi è stata sulle frodi fiscali su internet. Dopo la laurea ho lavorato in un centro di ricerca internazionale di criminologia, occupandomi di reati informatici e poi sono approdato nel mondo digitale da imprenditore, fondando una delle primissime concessionarie di spazi pubblicitari sul web.

D. E oggi qual è il tuo lavoro?
R. Allora… Ovviamente, mia mamma non l’ha ancora capito! (ndr: ride) Io, in parole non tecniche, dico che aiuto gli imprenditori a migliorare il loro business attraverso gli strumenti online.

D. Qual è oggi per te la sfida più grande?
R. Per me la vera sfida di oggi è rendere il business digitale sostenibile.

D. In che senso? Puoi spiegarci cosa significa Performance Marketing nel 2023?
R. Fino a qualche anno fa era un concetto chiaro: significava portare risultati misurabili, come lead e conversioni, ai clienti. Ma oggi non è più così. Tracciare e attribuire delle azioni a dei singoli canali ora è molto difficile, perché un utente mediamente viene in contatto con il prodotto o con il brand molteplici volte prima di un acquisto o un lead. Noi, per esempio, registriamo che più del 60% degli utenti prima di acquistare dai nostri e-commerce è entrato in contatto con il brand almeno su 5 altri touchpoint.

Oggi ciò che porta il risultato non è l’investimento su Google o su Meta. Il risultato arriva quando l’investimento è un mix ottimizzato sui giusti touchpoint.

D. Quindi possiamo dire che il termine “performance” oggi indica qualcosa di diverso da 10 anni fa?
R. Sicuramente. Oggi si tende a ragionare in termini di performance in modo molto più ampio. E questo è molto interessante, perché ci permette di inserire nel nostro lavoro anche le campagne di brand awareness, che sul breve periodo sono poco misurabili, ma che sul lungo periodo hanno dimostrato di avere un ritorno enorme.

D. Nel tuo percorso c’è molta contaminazione di materie e saperi. Quanto è importante una formazione di questo tipo nel tuo campo?
R. Secondo me la contaminazione è fondamentale. Soprattutto nella complessità del mondo digitale. Pensiamo, per esempio, al diritto della privacy che, negli ultimi anni, è diventato il driver più importante nel modo di fare marketing digitale. Quindi, scienze umane, giurisprudenza, economia, statistica… sono tutte interconnesse e bisogna “masticarle”. Poi non si può sapere tutto, ovviamente. A me, per esempio, manca la sensibilità estetica. E, infatti, il mio art director non perde occasione per ricordarmelo. (ndr: ride).

D. E a proposito di art direction, arriviamo al dunque: qual è il rapporto fra i dati e la creatività? Come si sposano?
R. La verità? Non si sposano, perché si odiano! (ndr: ride). Parlando seriamente, io credo che si debba fare molta differenza fra le campagne di pura performance e le campagne di awareness. Nelle prime il creativo deve adattarsi: se un video di più di 15” in ADV non funziona è necessario arrendersi a questa evidenza. Nelle seconde, invece, la libertà creativa vale moltissimo.

D. Ti è capitato spesso che un dato smentisse una scelta? O comunque ti guidasse a prendere una decisione che non avresti mai pensato?
R. Certamente. I dati sono terribili. Hanno sempre ragione. Noi siamo smentiti di giorno in giorno. E proprio sulla parte creativa, se devo essere sincero…

Dopo ore di accapigliamento sul colore di un bottone, l’A/B test può dare una risposta inaspettata. E, in questi casi, anche l’art director più sicuro si arrende.

Però ecco, ovviamente bisogna saperli leggere, i dati. O, ancora meglio, bisogna prevederli. E questo è possibile solo con l’esperienza, che è un valore enorme in questo campo.

D. Quindi i dati non sbagliano mai?
R. No, non sbagliano. Gli errori ci sono, ma solo quando entrano in campo dei fattori che non permettono una corretta raccolta.

D. Quindi dobbiamo dedurre che il dato vince sempre sulla creatività?
R. Io non la vedo così. Credo invece che possa esserci una grande alleanza, pur nella continua discussione. Nelle campagne di brand awareness, per esempio, i creativi possono trarre grande vantaggio dai numeri: se una creatività è forte, i numeri confermano al cliente la necessità di budget per diffonderla. Gli spazi gratuiti per le creatività non esistono più: sono finiti i tempi in cui se avevi 100K follower, postando la creatività bella, la vedevano in 50K. Oggi se non investi, se va bene, la vedono in 100. Quindi i dati dicono che sulla creatività bisogna investire, sempre.

D. Questa sembra una buona notizia per i creativi…
R. Lo è. Ma non è la sola. La creatività, secondo me, resta la prima leva delle performance.

Saper usare le piattaforme è importante, saper usare il machine learning è utile, ma sono commodities. La creatività è ciò che ti fa vincere rispetto ai competitor.

D. Ovviamente una creatività confermata dai dati, giusto?
R. Certamente. Se i dati la smentiscono, non si discute, va cambiata.

D. Tutti i dati che analizzate per i vostri clienti riescono a darvi una panoramica dei trend?
R. I trend sono fondamentali: noi analizziamo sempre i trend di mercato e dei competitor di ogni cliente. Per esempio, la stagionalità gioca un ruolo di prim’ordine. La conoscenza e la comprensione dei trend è poi importante anche dal punto di vista predittivo: dobbiamo capire dove saremo durante la campagna e durante l’investimento. Per esempio, anche quando facciamo brand awareness misuriamo gli effetti dei nostri investimenti attraverso delle survey in collaborazione con Meta.

D. Quindi, quali saranno le tendenze del 2023?
R. Lo scenario per noi è questo. Non ci sarà una grossa crescita dei costi dei clic e delle acquisizioni, che si stabilizzeranno, e questo è positivo. Dal punto di vista economico, i trend varieranno da settore a settore. Il turismo manterrà una tendenza positiva, pur venendo da un anno davvero eccezionale. Nel food e beverage ci immaginiamo stabilità. Vediamo invece più difficoltà nel settore del fashion, dove il digital ha sofferto del ritorno degli acquisti sul punto vendita. Vediamo poi grandi opportunità per il B2B, dove ci sono anche molti nuovi strumenti per generare lead… Ma staremo a vedere…

Article / Editorial
Gen 26 - 2023
A proposito di creatività e strategia

La luce e il buio. Abbiamo usato questi due opposti per raccontare che cosa è Blossom oggi, chi siamo e come ci aiutiamo a guardare il mondo con un approccio diverso, tutti i giorni.

Dopo un anno fatto di grandi evoluzioni e cambiamenti, abbiamo ridefinito chi siamo e perché esistiamo. È stato un lungo lavoro che ha coinvolto tutta Blossom e che, in realtà, non smetteremo mai di fare.

La nostra è un’anima creativa, che guarda al mondo e alla vita di tutti i giorni vedendoci delle possibilità di bellezza. Una bellezza che scegliamo ogni volta di esprimere in modo diverso; una creatività che sfrutta i mezzi e gli strumenti esistenti, ma che è sempre pronta anche ad accogliere le novità, come la grande rivoluzione tecnologica dell’AI, che vediamo dietro l’angolo.

A questa, abbiamo affiancato uno sguardo strategico sul mondo e sul business, perché ogni scelta che facciamo sia guidata dalla ragione e, appunto, da un approccio strategico che ci aiuti a scegliere e agire con un giudizio fermo e ragionato.

Siamo tanti oggi, ma in fondo siamo due anime, che si fondono in una.

E rivelano possibilità che prima non potevamo né vedere né immaginare.

Per questo, la prima release dell’anno di Snap, la dedichiamo proprio a queste nostre anime: i sei articoli – con interviste, video e approfondimenti- raccontano e mostrano tante forme di creatività, che si affiancano alla strategia.

 

Ci è venuto a trovare un grande illustratore e amico di Blossom che ha mosso i primi passi con noi 15 anni fa, Nico189 aka Nicola Laurora. Dal nostro divano ci ha porta dentro il suo mondo, una dimensione affascinante dove si mischiano le copertine di Monocle e i graffiti sui treni dell’assolato sud Italia.

La nostra Head of Strategy Camilla Beretta riassume l’omnicanalità e lo fa con stile, lavorando spalla a spalla con Jacopo Riva e le sue illustrazioni.

Abbiamo registrato discussioni fatte in pause pranzo nel nostro HQ tra Dave, Head della Media House e Francesco Seveso, nostro psicologo e trainer di boxe. Il risultato è un podcast che parla di creatività, lavoro e funzionamento umano, che puntata dopo puntata ci porterà dentro mondi fatti di una materia invisibile ma che ha un impatto su tutti noi.

Alessandro Scartezzini, CEO di Webperformance, nostro partner in crime lato digital media, ci ha raccontato cosa, come e quando del mondo dei media.

E infine con “Di domenica mi vesto male” Matteo Mari aka Mario, con un video della serie “Who are you?”, ci regala un corto in cui presenta se stesso in una maniera pazzesca per tecnica, ritmo, stile e una profondità che mi ha fatto commuovere.

 

A gennaio a Milano il cielo è spesso grigio e le giornate buie. E allora, che questa lettura possa regalare anche a voi un po’ di luce.

Buon anno e buona lettura.

Video / Interview / Creativity
Gen 26 - 2023
Chat On the Couch with Nico189

Il divano di Blossom ospita l’illustratore Nicola Laurora, aka Nico189. In una delle sue rare interviste, ci ha parlato di graffiti, editoriali e NFT, fra creatività, curiosità e dedizione.

Quando un writer fa un graffito su un treno regionale, non pensa a quanto lontano il suo lavoro possa arrivare. È questo il caso di Nico189, nome d’arte di Nicola Laurora.
Cresciuto artisticamente tra i muri e i vagoni dei treni di Trani, si è negli anni affermato come illustratore dallo stile iconico, arrivando a lavorare con grandi brand internazionali, tra cui Apple, Swatch, Samsung, Ikea e McDonald’s, e ad essere selezionato dall’Association Of Illustrators di Londra.

In questa incredibile parabola, che va dai graffiti alle copertine di Wired, Monocle, The Telegraph e del Washington Post, in una continua contaminazione tra vernici spray e le ultime innovazioni digitali, Nico189 è passato anche da Blossom. Anzi, come lui stesso racconta, il suo lavoro di illustratore inizia proprio con noi.

In questo secondo episodio di Chat On the Couch, Nico189 racconta, con la consueta umiltà e ironia, della sua arte, dei suoi sogni e anche di alcuni chiodi fissi: dalla precisione maniacale alla necessità ricorrente di “andare a fare un muro”, passando per un’instancabile ricerca e voglia di mettersi alla prova.

Guarda il video.

Series
Gen 26 - 2023
Di domenica mi vesto male. Un corto di Matteo Mari

Il primo episodio di “Who are you?”, la rubrica in cui i creativi di Blossom si raccontano liberamente, è a firma di Matteo Mari. Ecco come un motion designer dalla sensibilità unica ha risposto alla semplice domanda: ma tu, davvero, chi sei?

Matteo Mari, classe 1993, è da qualche anno uno dei motion designer che animano la Media House di Blossom. Non si sa bene perché, ma tutti lo chiamano Mario. E alla domanda “Who are you?”, Mario/Matteo ha risposto con un cortometraggio originale, evocativo, poetico e, allo stesso tempo, estremamente tecnico.

Il suo è un racconto esistenziale in animazione 3D, reso straordinario dall’utilizzo di una tecnica sorprendente: Matteo ha infatti ottenuto questo effetto utilizzando un programma di animazione 2D.

Per i non addetti ai lavori, proviamo a spiegare meglio.
Per capire come è stata costruita ogni scena, bisogna immaginare che Matteo abbia costruito ciascuno degli oggetti tridimensionali che la compongono assemblando delle carte da gioco, ovvero con dei layer bidimensionali. O ancora, possiamo immaginare che li abbia costruiti come quando si ottiene un cubo disegnandone sei facce quadrate su un cartoncino, che poi viene ripiegato per diventare reale.

Un esperimento che lo ha messo davanti a migliaia di livelli di After Effects (c’è chi dice fossero oltre 3200!) e sfide continue, e che, con tutta evidenza, ha stimolato la sua creatività.
Guardare per credere.

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